«Misericordia voglio, e non sacrificio» (Matteo 9,13 e 12,7)

È pensabile per noi un cristianesimo senza sacrificio? Senza, cioè, la morte sacralizzata di  qualcosa o qualcuno per ottenere un bene, un perdono, una salvezza? Parrebbe di no, che non sia possibile. Una estesa immagine della religione di Cristo ci chiede di stare sulla croce con lui, come prezzo per avere la vita. Cristo è l’uomo della croce, e le croci della vita, che vengano o che le assumiamo noi, come un cilicio, sono sembrate la sola via di salvezza. Le “mortificazioni”, “atti di morte” volontari,  sono indicate come via di perfezionamento, per ottenere i beni della nuova vita. A livello mostruoso, in un Islam male inteso, il sacrificio violento anche di sé, contro i “nemici di Dio”, è l’accesso al paradiso.

È evidente una forte ambiguità del termine e del concetto di “sacrificio”. Pensiamo ai sacrifici religiosi di animali, o anche di umani, nelle religioni primitive, ma presenti anche nella Bibbia. Grazie alla morte di altri, di un “capro espiatorio”, caricato dei miei peccati, guadagno per me la liberazione dalla colpa. Ma diciamo sacrificio anche quello di chi espone e perde la propria vita per salvare un’altra vita, dal fuoco o dall’acqua: si è “sacrificato” per altri. Ecco due azione di significato radicalmente opposto: distruggere una vita altrui per salvare la mia; donare la mia vita per salvare una vita altrui. Bisognerà ben uscire da questo equivoco, nel pensiero religioso! 

In particolare chiediamo: il cristianesimo è negare e distruggere aspetti della nostra vita umana naturale, per acquistare la vita in Cristo? Oppure è Dio Padre che in Cristo  ci cerca, ci accoglie, ci libera, donando tutta la sua vita per fedeltà piena all’amore verso di noi? Quello di Gesù in croce è sacrificio mortale della più buona persona umana, prezzo per placare l’ira di Dio contro il nostro peccato? Oppure è l’offerta di sé, fino in fondo («li amò sino alla fine», Gv 13,1), fino a dare la vita («non c’è amore più grande…», Gv 15,13), offerta libera che il Giusto compie per salvare noi dal male, comunicandoci il nuovo respiro dello Spirito di Dio, così come il coraggioso dà nuovo respiro a chi sta per annegare o per perire nel fuoco? Gesù è quel coraggioso. Se comprendiamo bene il vangelo, la croce di Gesù non è il prezzo pagato per noi ad un Dio spietato, che non sarebbe Padre buono. È invece il segno che Dio è amore, perché ha preso carne umana in Gesù e l’ha offerta fino in fondo, per cancellare il male con l’amore. La via cristiana non è «ciò che è tolto alla terra per darlo al cielo» (Nietzsche), ma, al contrario, è ciò che Dio perde per donare a noi. Ma mostra anche che donare non è perdere, ma affermare vera vita. 

La croce di Gesù è la sua totale immersione nella solidarietà con noi, con tutte le vittime delle nostre malvagità, ingiustizie, discriminazioni, violenze e guerre. E con noi colpevoli per guarirci. Si è tuffato nei gorghi degli annegati per potarci dalla morte alla vita. La sua morte non è il fallimento di un generoso ingenuo e illuso, ma è la forza dell’amore che assume la condizione dei massimamente poveri, e persino dei colpevoli che siamo noi («si è fatto peccato», 2 Cor 5,21, condannato tra i malfattori). La sua morte è come quella di chi annega per salvare un altro, ma in realtà è vivo con lui, più di chi non fa nulla per il bisognoso.

Nel libro della Genesi l’uomo, dopo il peccato, è espulso dal paradiso. Nel Prologo di Giovanni 1,11, leggiamo che è Dio stesso in Cristo che viene espulso da noi, dal mondo; che si lascia espellere, invertendo il mito dell’espulsione (cfr. Paola Mancinelli, p. 145). Dio, la sua Parola e la sua Luce «venne nella sua casa, ma i suoi non l’hanno accolto», l’hanno condannato. Cristo è sacrificato da noi, e questa è la fine di tutti i sacrifici (René Girard), ormai tutti indegni. Cristo non chiede altri sacrifici, perché ha fatto il dono di sé, che li rende inutili, vani, malvagi. Chiede di essere con lui nell’amare anche i peccatori, perché è l’amore che estingue il peccato. Non è un nostro sacrificio che ci purifica dal peccato, ma solo l’accogliere e praticare l’amore che perdona e crea: «Fate del bene a quelli che vi odiano» (Luca 6, 27). Quello di Gesù non è un sacrificio di morte, per uccidere il male, come vuol fare assurdamente la guerra. È un dono totale di sé, che copre e sommerge il male. Solo il bene toglie il male. Gesù soffre la croce, ma dalla croce ama tutti, perdona, comunica l’amore che salva, che dà vita.

«Viene l’ora in cui chi vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio»  (Gv 16,2).  Il mondo vuole uccidere il male, in nome di Dio, e così raddoppia il male. La vendetta sulla violenza afferma e raddoppia la violenza: la guerra “giustificata” (privata o statale), che abusa della giustizia, è questa diabolica divinità. Lo vediamo nuovamente, in questi giorni, con orrore.

 Gesù è forse un fallito di fronte alla forza del potere religioso e politico, che lo ha sacrificato per rendere onore a Dio, alla giustizia, al tempio, alla religione, alla verità ufficiale, alla tradizione, alla pace imperiale? Gesù non è fallito, perché l’amore con cui muore è più vivo di tutte le pretese di verità e di giustizia, nelle misere concezioni umane. Per questo i cristiani credono che Gesù è vivente sulla morte attraverso la morte, perché l’amore che si dona, anche morendo, è una vita più forte della morte. Non c’è più bisogno né spazio per “morti sacre”, cioè doverose, giuste, vendicatrici, purificatrici, fondatrici, perché il “santo”, colui che ama fino al dono totale, non ha quella ambiguità tremenda del “sacro”, da cui le religioni, le ideologie, le civiltà superbe, dovranno salvarsi, liberarsi. Davvero sacro è ciò che nell’uomo è santo, cioè l’amore universale, senza “giustizie” sacrificali.

Paola Mancinelli, Cristianesimo senza sacrificio. Filosofia e teologia in René Girard, Cittadella 2001, pp. 205, euro 15.

Giovanni Ferretti, Spiritualità cristiana nel mondo moderno. Per un superamento della mentalità sacrificale, Cittadella 2016, recensito da Andrea Lebra in il foglio, n. 438, 2017 (http://www.ilfoglio.info/)

cfr. anche il sito https://www.manciniroberto.it/libri-roberto-mancini-filosofo/ (cfr spec. Per un cristianesimo fedele, Cittadella 2011,  cap. III, Dal sacrificio alla misericordia)

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