Assistiamo al tentativo della parte del mondo più sfavorita di ridurre la differenza di potere e ricchezza che la separa da quella più sviluppata. Questo movimento è grandemente destabilizzante per gli equilibri mondiali.

La forza che ha modellato l’attuale assetto del mondo è stata la rivoluzione industriale, sviluppatasi a partire dal 700 tra le due sponde nord dell’oceano Atlantico. Grazie all’industria alcuni paesi sono cresciuti in potenza e ricchezza e durante l’800 hanno colonizzato gran parte del mondo, creando così il divario che possiamo vedere oggi. Il punto massimo di questo squilibrio è stato raggiunto con le due guerre mondiali del 900, scontro tra le potenze industrializzate per l’egemonia. Nel secondo dopoguerra la situazione ha cominciato a mutare con la denuncia e l’attacco a questa disuguaglianza di movimenti contestatori e rivoluzionari, con le guerre di liberazione, poi con lo sviluppo travolgente di alcuni paesi, in particolare nell’est asiatico, infine con l’uscita dalla miseria e dall’agricoltura di sussistenza di miliardi di esseri umani in Asia, Africa ed Amarica Latina.

Mentre il mondo si liberava del colonialismo, con successive potenti ondate il seguito della rivoluzione industriale ha prodotto un altro profondo cambiamento: i mezzi di trasporto, di comunicazione e di informazione hanno unificato il mondo come non era mai successo prima. Anche nelle parti più sperdute, purché connesse, con un semplice telefonino si può sapere e vedere in tempo reale cosa sta succedendo e come si vive in ogni altra parte del mondo.

All’inizio la finanza e le multinazionali dell’Occidente hanno favorito questo sviluppo perché facevano buoni affari. In particolare i paesi più avanzati, dagli anni 80 hanno vissuto una crescita senza precedenti per produzione, commercio, profitti. Presto però ci si è accorti che lo sviluppo a livello occidentale di tutti i paesi non è compatibile né con l’assetto politico, né con quello economico, né con quello ecologico del mondo. È evidente che occorre ridisegnare la mappa della nostra convivenza globale. Da qui le crisi sempre più intense che stiamo vivendo. Una politica riequilibratrice ha bisogno di un governo, o almeno di un accordo tra le grandi potenze continentali, perché non si può procedere nel caos attuale in cui ciascun paese cerca di salvarsi a spese di altri e in cui le tensioni scoppiano improvvisamente e mentre si interviene faticosamente per tamponarne una se ne apre una più grave. Le vecchie potenze però fanno resistenza e le nuove non hanno ancora la saggezza necessaria.

Una rivoluzione giovanile

Giungiamo così a comprendere il cuore del disordine globale in cui siamo immersi: la maggior parte dei popoli vive un grande ritardo culturale, non siamo ancora riusciti ad elaborare un racconto coerente che integri il grado di unificazione del mondo con i nostri comportamenti sociali e ci permetta così di prendere le decisioni che sarebbero necessarie. Questo grande cambiamento è stato troppo veloce e profondo per i lenti tempi di adattamento della nostra specie. Vediamo i sacrifici e i disagi che produce nel breve periodo e, mentre godiamo i vantaggi che ci dà, ne abbiamo paura ignorando i grandi benefici che potrebbe apportare all’umanità se ben regolato. Questo difetto di coscienza ci spinge ad arretrare, ad arroccarci, a difendere la nostra cultura, il nostro territorio, la nostra Patria. È per questo che sempre più spesso vengono favoriti politici reazionari o semplicemente demagoghi incapaci e che la religione civile, come difesa delle proprie radici culturali, ritorna ad influenzare la politica di molti stati. È per questo che continuano ad accendersi guerre inutili e inconcludenti, che vorrebbero risolvere i problemi ed invece li aggravano producendo solo molto dolore e sangue. È per questo che si rifiutano i migranti, “stranieri” che mettono in discussione il nostro modo di vivere. Come spesso accade la difesa della propria posizione di vantaggio viene mascherata come difesa delle proprie radici, della propria civiltà.

Per uscire da questo imbuto molto pericoloso, l’umanità ha bisogno di una grande rivoluzione culturale che le permetta di capire qual è la situazione del mondo e permetta finalmente di scegliere le politiche giuste. Penso però che solo i giovani possano farla veramente, perché hanno una forte volontà di vivere e le loro menti sono meno condizionate dal passato. Finora ci sono stati solo dei lampi: movimenti di massa contro le guerre e per la difesa dell’ambiente che però non sono durati e non sono riusciti a modificare le politiche sbagliate. Questi movimenti devono ancora fare esperienza, rinforzarsi, darsi continuità, allargarsi, collegarsi. In loro appoggio sarà determinante l’intervento di intellettuali e politici coraggiosi, portatori di proposte audaci, capaci di farsi ascoltare e dotati di grande visione.

È tempo dunque di costruire una civiltà globale basata sull’accoglienza, il rispetto e la cura di ogni essere vivente e dell’ambiente in cui viviamo, ne abbiamo tutte le possibilità e non abbiamo alternative più ragionevoli, ed è bene che i costruttori di questa civiltà operino il più possibile con accoglienza, rispetto e cura.

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