Nel settore privato osservare e studiare come fanno gli altri per ispirarsi ai migliori, è una preoccupazione costante. Si chiama studio della concorrenza, o anche – con un’espressione inglese – benchmark: un punto di riferimento con cui confrontarsi (Oxford Languages). Il principio è semplice: se altri fanno meglio di me, posso migliorare anch’io, studiando come fanno per poi copiare o adattare secondo il contesto.

Nel settore pubblico si chiama imparare dai buoni esempi o Best Practices Valorisation. È un’attitudine divenuta ormai abituale negli ambiti scientifici e medico/sanitari, ma che resta occasionale in campo politico e amministrativo. Ne sono stato direttamente testimone verso la fine degli anni ’70. Il Ministero dei Trasporti mi incaricò di un rapporto comparativo sulle procedure di rilascio della patente di guida in altri Paesi Europei (Francia, Svizzera e Germania). Da noi si dovevano aspettare quattro mesi per il famoso foglio rosa e poi altrettanti per la patente definitiva. In Germania? «Dipende da quanta gente c’è prima di Lei allo sportello!», mi rispose, stupito della domanda, il Beamte che interrogai. Ovviamente non se ne fece nulla; esemplare applicazione del NIH Syndrome (= Not Invented Here!), cioè «Non può funzionare, perché non lo abbiamo inventato noi».

Due anni fa la Commissione Europea ha diffuso il rapporto Kalff-Lena Verso un dialogo politico sullo scambio delle migliori pratiche in materia di valorizzazione delle conoscenze (cfr: https://data.europa.eu/doi/10.2777/457841) per fornire nuove risposte alle sfide e alle opportunità che l’Unione Europea si trova ad affrontare, in particolare la duplice transizione climatica e digitale.

Sono convinto che non basta aspettarsi da politici e amministratori di prendere l’abitudine a copiare da chi fa meglio, a guardare oltre la propria scrivania, a cercare buoni esempi all’estero e sforzarsi di adattarli al contesto nazionale, regionale, provinciale o comunale. È necessario che noi tutti ci appropriamo di questa attitudine. Non per criticare chi fa, ma per uscire dalla nostra monade, esercitarci al pensiero laterale e alla fine concretizzare soluzioni innovative. Mi propongo dunque di esplorare qualche buon esempio e raccontarlo in questa sede. Copiare si può, copiare è bene! A presto.

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