Cosa succederà con l’Intelligenza Artificiale? Ce lo chiediamo in molti. Oppure non ce lo chiediamo? Se ne è parlato il 22 novembre nel Centro Studi Bruno Longo, sul tema «Tecnosofia e tecnocrazia». Cioè, sarà una nuova sapienza o un nuovo potere? Salvatore Passari ha intervistato Oreste Aime (autore di La singolarità umana. Contributi per l’antropologia filosofica, Mimesis). Raccolgo qui alcuni miei appunti molto sintetici.

Dal 1970 circa è avvenuta la rivoluzione informatica o digitale, che ha creato una “ragione digitale”. È una rivoluzione antropologica, come fu quella scientifica nel 1600. In un mondo diverso siamo uomini diversi.

Altra grande trasformazione: con l’automazione salta il modello del lavoro a catena. Il diverso modo di lavorare è un diverso modo di stare al mondo: il lavoro avviene senza l’uomo, o con l’uomo in ruolo secondario. Che ne è dell’uomo? Il lavoro era la grande capacità, dignità, valore nostro. Privato del frutto del suo lavoro, l’uomo  era “alienato”. E ora?

La macchina non soffre, noi sì

Dal telefono al computer al cellulare, avviene la globalizzazione della comunicazione: non c’è più la distanza. Ho in tasca la voce dell’amico o il messaggio che mi arriva dagli antipodi. Tutto è qui, tutto parla qui. Con la finanziarizzazione l’economia è mondiale. L’informazione globale crea una “infosfera”, che fonde il reale e il virtuale. 

La IA, l’ intelligenza artificiale, è una possibilità e crea problemi. Più possibilità o più problemi? Viviamo nel rischio ambientale e anche nel rischio digitale: noi valiamo meno. Siamo nella “tirannia dell’algoritmo”: la “singolarità del vivente” non è colta dall’algoritmo. L’algoritmo non è neutrale. Sono possibili manipolazioni della nostra esistenza, ci sono implicazioni psichiche, e noi non ne siamo del tutto consapevoli. Ne derivano delle teorizzazioni: per es. il corpo umano è visto come un insieme di informazioni. Questo è un problema dei giovanile ed è anche un problema politico. 

Si teorizza il “datismo”: l’insieme dei “dati”, maneggiati dagli algoritmi. I dati sono considerati come i fatti. Entriamo in una nuova fase della scrittura, che non ha più natura simbolica: dati e non significati.

La macchina capisce solo il calcolabile. Ma esiste solo il calcolabile? Esiste anche “ciò che il denaro non può comprare”?  La macchina non dubita, non si interroga, non soffre, la macchina non muore, noi sì, lo sappiamo. La macchina atrofizza queste facoltà e consapevolezze propriamente umane?  Oppure sapremo servirci della macchina per essere umani? Socrate era contrario alla scrittura che fissa immobile la parola, voleva solo il dialogo faccia a faccia. Per fortuna Platone gli ha disobbedito, e noi abbiamo il pensiero di Socrate. Pensiero scritto.

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