Il vescovo Luigi Bettazzi avrebbe compiuto 100 anni il 26 novembre. Ieri, sabato 18, ad Albiano (presso Ivrea), dove viveva e dove è morto il 16 luglio, lo abbiamo ricordato, in tanti amici affezionati.

Con l’introduzione di Luigi Ciotti, abbiamo riletto quel Patto delle Catacombe, per una Chiesa povera e dei poveri, firmato il 16 novembre 1965, alla chiusura del Concilio, da una quarantina di padri conciliari, soprattutto latino-americani. Bettazzi era l’unico italiano. Egli ispirò il suo ministero a quell’impegno, tra i valori evangelici. Gli interventi di ieri hanno toccato molti momenti e aspetti della sua lunga attività, fino al grido per la pace ‒ «nonviolenza, vera diplomazia, interposizione» ‒ nelle ultime settimane di vita, il 7 maggio.

Nessuno ha parlato del suo umorismo e delle tante famose sue barzellette. Il suo umorismo era la prima caratteristica per cui era conosciuto nei tantissimi incontri sui grandi temi cristiani e umani. Era divagazione, alleggerimento del discorso, serviva ad attrarre l’attenzione, a relativizzare temi troppo seri, a consolare in tempi difficili? Esiste una raccolta delle sue tante barzellette, che ricordiamo con gusto? Qualcuno ha riflettuto sul loro significato, entro il compito pastorale di Bettazzi vescovo? Penso che sarebbe un tema interessante, non superficiale. Forse era anche l’espressione di una “povertà” della Chiesa, dei suoi limiti, per cui umilmente propone e non impone, indica Gesù e non se stessa.

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