Papa Francesco ti stupisce quando meno te lo aspetti. L’invito al governo ucraino di alzare bandiera bianca come atto di coraggio sembra anzitutto un atto di coraggio del Papa per smuovere le acque tossiche e stagnanti di una guerra senza fine e sempre più senza senso. La reazione stizzita di Zelensky non si è fatta attendere: «La nostra bandiera è gialla e azzurra, non ne alzeremo altre». Eppure è proprio l’Ucraina, in difficoltà sul terreno e con alleati occidentali sempre più tiepidi nel fornire aiuti, che dovrebbe optare per un cessate il fuoco, prima di sacrificare altri soldati e altre vittime civili innocenti, per tacere degli enormi danni materiali. Ormai non ci sono più volontari per il fronte e il governo pensa di far rientrare in patria alcune centinaia di migliaia di giovani, in età di leva, attualmente all’estero. L’eventuale trattativa, se accettata dal governo russo (e qui sta il punto) non porterebbe a una “pace giusta”, slogan che si sente ripetere un po’ da tutti in maniera superficiale. «Ogni pace è impura», sosteneva Macron quando non faceva troppe gaffe, e lo stesso Francesco pare abbia detto «il dialogo talvolta puzza un po’ ma bisogna farlo per porre fine al massacro». È evidente che la Russia non rinuncerebbe alle province ucraine occupate e annesse con un referendum farsa nell’autunno 2022, un territorio pari ad un quinto dell’Ucraina, per capirci, poco meno dell’intera Italia settentrionale. Del resto nessuno sa in che stato siano attualmente quei territori. Pare che alcuni abitanti siano riusciti a fuggire, altri siano stati deportati in Russia, chi è rimasto ha dovuto prendere il passaporto degli invasori per non essere totalmente emarginato e colpito da misure restrittive non molto diverse da quelle imposte agli ebrei italiani e tedeschi dalle rispettive leggi razziali degli anni ’30. Si parla di famiglie improvvisamente scomparse, in modo che il caos e la paura regnino sovrani. Podolyak, consigliere di Zelensky ha affermato: «La Russia non sta combattendo per conquistare terreno, ma per imporre il suo diritto a vivere nel passato». Difficile dargli torto. La conquista finora è costata alla Russia 400.000 perdite, tra morti e feriti molto spesso con mutilazioni permanenti, e l’economia russa è diventata satellite di quella cinese. Questo quadro potrebbe indurre Putin a più miti consigli. D’altro canto gli aiuti militari all’Ucraina sono bloccati al Parlamento americano dai repubblicani di Trump. In Europa la Germania non ha ancora consegnato i missili a lungo raggio Taurus per evitare di inimicarsi troppo la Russia da cui acquista ancora forti quantità di gas e con la quale ha intrecci economici non da poco. Parafrasando il Papa (che parlava della natura) la economía nunca perdona! Basti ricordare il caso dell’ex-cancelliere Schroeder, passato dalla poltrona governativa a quella di amministratore di Gasprom.

Osserva Sergio Fabbrini sul «Sole 24 ore» (3 marzo 2024): «Solo Kiev può decidere se continuare la guerra o avviare il negoziato di pace». Con due scenari. Il primo: continuare una campagna bellica, nel migliore dei casi, sostanzialmente bloccata sul terreno. Il secondo: pace contro sicurezza. Come l’occupazione della Germania orientale da parte dell’Urss fu bilanciata dall’ingresso della Repubblica Federale nella Nato, così la cessione dei territori attualmente occupati alla Russia andrebbe bilanciata dalla sicurezza per il resto dell’Ucraina, o con l’entrata nella Nato, cosa che so bene, scandalizzerà molti, oppure con una ipotesi di neutralità, garantita a livello internazionale. La storia insegna che battere questa strada non dà sicure garanzie di successo. Gli accordi Monaco non impedirono a Hitler di invadere e annettere Boemia e Moravia, né l’impegno anglofrancese nei confronti della Polonia impedirono l’inizio della seconda guerra mondiale nel 1939. Ma il Papa indica tuttavia un percorso di tregua e di pace che può sbloccare una situazione che è ormai ferma a tempo indefinito e quindi, con tutti i limiti e i rischi del caso, è un tentativo che va comunque incoraggiato e seguito con viva speranza.

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