La prima impressione alla lettura del lungo testo della sintesi finale del il Sinodo dei vescovi (cfr. «Avvenire» 29/10) è di una bella e giusta retorica spirituale sulla sinodalità, poi tanta timidezza, ma non rifiuto, solo prudentissima eventualità, su 1) diaconato femminile, 2) celibato non obbligatorio dei preti, 3) riammissione di preti (mi pare che ben pochi de-clericalizzati la cercherebbero). La Chiesa è pesante a muoversi: è già tanto che non ci sia il rifiuto, ma è assai poca la disponibilità a mutare.

Comunque, io sento, soffro, più la atroce guerra in corso, vergogna, dolore, esecuzione pubblica di civili innocenti, vendetta di violenza con violenza, incendio in espansione, sangue che mi schizza addosso, catena lunga di colpe, più delle auto-preoccupazioni di una chiesa che si cura molto di se stessa, di un maquillage esagerato, anche nel linguaggio, nella struttura: possibile che si debba dire «Santo Padre» per dire il papa?… e che si pensi di fare vescovi gli ufficiali di curia?…

Deve perdere ancora di più, la chiesa, per ritrovarsi evangelica? Speriamo che lo Spirito santo sferzi la chiesa quanto merita, mentre ci sentiamo anche tutti noi, io, responsabili.

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