La presentazione al Centro Studi Bruno Longo del libro Mani tese del sociologo romano Angelo Romeo è stata un’coccasione per parlare della povertà dal punto di vista di un volontario con persone che vivono in strada («Non chiamateli barboni, senza fissa dimora, clochard o homeless, per favore!», chiede Romeo): partendo da una esperienza di volontariato, Romeo ha saputo dare alcuni spunti di analisi interessanti con l’occhio fine del sociologo. Ne ho registrati a memoria alcuni.

La maggioranza delle persone che vivono in strada sono uomini separati. Ci pensiamo poco, ma è così: è una china che va dalla perdita della casa, dei figli e va fino alla strada e, a volte, alla perdita della dignità. Poche le donne, ma dopo il covid sono in aumento, e talvolta si trovano coppie.

Quando Romeo ha iniziato a chiedere «chi te lo fa fare?» erano soprattutto le persone che incontrava per strada, ora sono più i colleghi e gli amici.

Vivere per strada a Roma

Le persone per strada non sono né tutte buone né tutte cattive. «Prova a stare a Roma ad agosto a 40 gradi all’ombra girando dalle 5 del mattino, e poi a non rispondere a chi, dopo essere stato a casa con l’aria condizionata, esce a quell’ora per portare il pasto e ti fa una battutina alle 9 di sera …». Le persone per strada sono tutte «nervose».

La nostra società ha una strana idea della povertà, come si vede bene dal fenomeno dei vestiti: il picco delle donazioni si verifica nei cambi di stagione, per cui a dicembre raccogli costumi da bagno e a giugno i cappotti. La cosa se non fa ridere, fa piangere: noi che stiamo bene stiamo di qui, e loro stanno di là, viviamo in due mondi separati.

Basta vedere che cosa capita a luglio e agosto: nell’elenco delle moltissime associazioni che si occupano a Roma di persone per strada, sta scritto «servizio dismesso». Ma loro sono lì anche in quei mesi estivi, e i volontari sono pochissimi.

Quando dal paese siciliano dove è nato, Romeo è venuto a Roma alla fine degli anni 90 è rimasto colpito dalle persone che si “tuffavano” nei bidoni della spazzatura per mangiare: non aveva mai visto prima una cosa del genere. Poco per volta ‒ grazie ad amici che le avvicinavano ‒ ha vinto la diffidenza e la paura.

Ma chi gli ha insegnato a vincere ogni distacco sono state le suore di Madre Teresa di Calcutta. «C’è una Calcutta in India, e ci sono tante Calcutte nel mondo». Forse non è il caso di andare a cercare i poveri nei paesi esotici. Li abbiamo qui a portata di mano!

Un giorno dalle suore bussa un giovane uomo americano che forse non si lavava da 3 mesi. Era inavvicinabile. L’unico maschio in quel momento lì era Romeo, che si è trovato a dovergli fare la doccia con la pompa, talmente era sporco. Alla fine della doccia quell’uomo sembrava un’altra persona: biondo, occhi azzurri. Aveva riacquistato la sua dignità. «La puzza diventa profumo», in questo caso non solo metaforicamente.

In 15 anni che esiste l’associazione di Romeo, solo 3 persone hanno accettato l’aiuto dei volontari per cambiare vita, e si sono reintegrati. È difficile ma bisogna accettare il fatto che le persone che si incontrano di mese in mese per strada continueranno a stare per strada e rifiuteranno l’invito a cambiare vita.

Si pensa che le persone in strada siano ignoranti, ma si trova di tutto per strada, perfino ex colleghi di università, dottori, ingegneri ecc. Potendo disporre del tempo, molti di loro leggono più della media, e parlando con loro si impara molto, di tutto, e si sente citare Dostoevskij e Manzoni come niente fosse.

Solo alcuni lustri fa era molto più facile ritirare il cibo dai luoghi dove il cibo avanza (es. un buffet, a Roma capita spesso…). Oggi tutto va certificato: il che è giusto anche per garantire l’igiene, ma le regole sono così complicate che… di fatto passa il tempo e il cibo si guasta, col risultato che viene buttato. La burocratizzazione porterà il mondo alla rovina, sosteneva Weber. Forse aveva ragione.

Distribuire le vaschette col cibo non è la cosa più importante che fanno i volontari. Tutto dipende dallo sguardo con cui lo fai. E le persone per strada capiscono. Forse è questa la specificità, l’”aggiunta” che solo il volontario, e non lo stipendiato, può dare. Anche se è un punto delicato, da discutere, il volontariato e il lavoro sono due cose diverse.

Agendo attorno a via della Conciliazione, un quartiere “bene”, spesso la reazione degli abitanti è di fastidio verso i volontari. La signora che esce ingioiellata coi tre cagnolini guarda con disprezzo volontari e persone per strada che restringono il passaggio sui marciapiedi. A volte si sente anche dire: le associazioni che lavorano con le persone di questo tipo favoriscono la sporcizia sulle strade. Come se responsabili della mancata pulizia fossero loro!

Molti si danno a questo tipo di volontariato perché vogliono mettersi alla prova, per superare un loro momento di crisi. Tutto bene, a patto che ‒ una volta “guariti” ‒ poi subentri una maturazione per cui al centro c’è l’altro e non il sé.

Angelo Rome, Mani tese. Nella voce dei poveri una lezione d’amore, Tau 2022

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