Una mia amica, conoscendo la mia inclinazione anarco-libertaria, per Natale mi ha regalato due libri umoristici (umorismo caustico) sulle due follie che hanno funestato il XX secolo: comunismo e nazismo. La terza, più sottile delle precedenti in cui ancora stiamo vivendo, il capitalismo, se non verrà al più presto corretta, ci porterà a un disastro ecologico e/o a una guerra termonucleare. I due libri sono: Mosca 2042 di Vladimir Vojnovic (Dalai 1986) e Lui è tornato di Timur Vermes (Bompiani 2012) da cui è stato anche tratto un film. La cosa che colpisce nei due libri è come gli autori abbiano previsto, meglio di quanto abbiano saputo fare tanti esperti, il futuro in cui ci troviamo.

Il protagonista del racconto Mosca 2042 di Vojnovic, dissidente russo che vive in Germania, venuto a conoscenza della possibilità di viaggiare nel tempo, decide di fare un salto a Mosca del 2042. Si trova così a vivere una distopia spaventosa. Prima del 2042, dopo un colpo di stato, il Genialissimus, autocrate che vive nello spazio e le cui effigi si trovano in ogni angolo di Mosca, ha finalmente realizzato il comunismo… in una sola città! Il racconto è impreziosito dall’idea che il libro che l’autore sta scrivendo influenza anche la vita nel 2042. È ancora a Mosca quando il regime crolla e il Genialissimus e i suoi accoliti vengono eliminati e sostituiti da uno Zar e dalla sua corte che vogliono restaurare la grande Russia. Come non essere stupiti che Vojnovic con 5 anni di anticipo e mentre nessuno lo immaginava durante il tentativo di Gorbaciov, ha previsto lo scioglimento dell’Unione Sovietica e con molti più anni la follia neoimperiale di Putin?

Il racconto Lui è tornato di Vermes parte dal risveglio di Hitler nel 2011 in un parco di Berlino. È sempre lui, non è pentito e ha le stesse idee di quando ha tentato di uccidersi. Tutto il libro vive una sottile doppia realtà: lui pensa che il destino gli abbia dato un’altra possibilità per realizzare le sue idee, gli altri lo scambiano per un attore comico molto bravo e preparato. Riesce così a ottenere un programma televisivo in cui ripete le sue idee nazionaliste, razziste e demagogiche e critica i politici inconcludenti e vanesi di oggi. Gli spettatori pensano che siano battute comiche, intelligenti e dissacranti, addirittura critiche del nazismo. Il suo successo è grande. Alla fine lo troviamo in un ospedale dopo aver subito un pestaggio, mentre pensa di scrivere un libro, di organizzare un partito nazista per lanciare il quale i suoi collaboratori propongono un manifesto in cui si dice «Non era tutto sbagliato». Anche qui è evidente che Vermes ha percepito prima di altri il ritorno di movimenti di destra in Germania, ma anche in molti altri parsi europei, favoriti dalla superficialità e dal pressapochismo dei media e dalla poca attenzione e scarsa cultura degli spettatori che li seguono.

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