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L’ultimissimo riscontro al riguardo l’ho trovato nel giornalino scolastico di un noto liceo scientifico torinese. Curiosamente, l’articolo più lungo è dedicato alla religione, dipinta come “arretratezza”, “trionfo del dogma”, “frutto di una società patriarcale e pastorale”, ecc. E si conclude che oggi “siamo normalmente atei”. Sullo sfondo, il nodo su cui la Chiesa si è giocata il rapporto con il mondo contemporaneo, cioè la questione sessuale: non a caso si salva solo il gesuita americano James Martin.

Un paio di giorni prima un caro amico insegnante ancora in servizio mi riferiva della reazione di sorpresa/estraneità palesata dai colleghi cui aveva comunicato che frequentava incontri biblici. E concludeva che forse la nostra minoranza è a rischio di estinzione e diventeremo qualcosa di analogo a valdesi o ebrei. Mia moglie, con cui ne ho parlato, ribadiva ‒ giustamente ‒ che l’ignoranza della Bibbia è ignoranza. Ma ciò non toglie che la trasformazione socioculturale osservata dall’amico sia ‒ a mio parere ‒ più che reale. I riscontri mi sembrano sempre più frequenti (e onnipresenti). Che i cattolici ‒ complessivamente considerati ‒ siano una minoranza, non è più neanche il caso di dirlo. Che questa minoranza occupi principalmente le fasce d’età più avanzate, è sotto gli occhi di tutti. Le indagini di Franco Garelli (Piccoli atei crescono, ecc.) lo evidenziano in modo impietoso.

Personalmente, però, trovo particolarmente irritante il fatto che una parte crescente dell’opinione pubblica ‘laica’ (intendendo qui per laici i non credenti) non faccia alcuna distinzione tra cattolici di destra o di sinistra, ovvero fra tradizionalisti e progressisti: in genere, assume quasi esclusivamente come interlocutore il cattolicesimo tradizionalista, ripete un piccolo catechismo di luoghi comuni preconciliari e liquida facilmente il tutto come un ingombrante vecchiume, destinato a estinguersi quando anche gli ultimi irreducibili apriranno gli occhi.

Ma c’è di più: a differenza dei valdesi o degli ebrei (che sono esigue minoranze, ma meritano il rispetto dovuto alle minoranze) i cattolici sono una ex-maggioranza: ovvero sono pochi, ma si portano sulle spalle una storia di predominio ed egemonia, e di prepotenze e crimini e misfatti. Perciò, ad esempio, mentre ovviamente è raro che il cinema metta alla berlina la condotta passata degli ebrei o dei buddisti o degli animisti, la denuncia dell’oscurantismo cattolico ‒ o ancor meglio la sua caricatura ‒ è un ingrediente che funziona sempre: in quanto da un lato può purtroppo attingere a un ricchissimo repertorio storico, e dall’altro incontra il facile e immediato consenso di una larghissima maggioranza.

Si dirà: dopo tanti secoli, è la nemesi storica della cristianità imperante. Però mi irrita come mi ha sempre irritato il conformismo di massa, e come da giovane mi irritava il conformismo cattolico e amavo gli scrittori atei e materialisti e Freud e i socialisti e gli illuministi. Soprattutto, mi infastidisce l’atteggiamento saccente di chi sembra ritenere ormai inconcepibile una fede in una persona dotata di cervello. Poche settimane fa ho espresso il mio fastidio a un ex collega di matematica ‒ politicamente impegnato ‒ che ha postato su Facebook un intervento di Odifreddi che proponeva di relegare Dante e Manzoni nelle ore di religione (un laico come De Sanctis e un comunista come Sapegno si rigirerebbero nella tomba!). Che ne dite, voi del foglio? Rischio di diventare, tardivamente, un baciapile? Non vorrei. Sarebbe il colmo, dopo decenni di eterodossia…

Giorgio

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