Siamo un gruppo che compone insieme sensibilità e attività differenti e confluenti. Dal 1971, un gruppo sempre rinnovato di amici vicini e differenti, abbiamo pubblicato un «mensile di alcuni cristiani torinesi”, il foglio (molto diverso e lontano dal quotidiano omonimo nato anni dopo). Io sono l’unico che sopravvive del gruppo redazionale del primo numero. Amici cari e preziosi sono morti negli anni: per ultimi Dario, Aldo e Cesare, tre colonne della nostra casetta, negli anni recenti.
Col numero 500, di maggio, abbiamo chiuso la pubblicazione su carta, come altre riviste simili. Non chiudiamo per cessato servizio, o perdita di motivazione, ma perché ci pare compiuto un ciclo, una forma di presenza modesta, ma seria, nelle nostre intenzioni. Continuerà ad esistere il piccolo gruppo redazionale, che per 52 anni ha tenuto una riunione settimanale non solo di redazione, ma di riflessione su fatti e significati, quindi circa 2.500 riunioni-scuola (almeno per me). Ogni contributo in sintonia con questo spirito sarà utile.
Che cosa abbiamo cercato di pensare e di comunicare in tutto questo tempo, attraverso anni e vicende molto diverse? Siamo nati come voce libera e critica, per il bisogno di esprimerci, nella chiesa torinese del dopo Concilio e del cardinal Michele Pellegrino. Il quale mi disse, quando glielo annunciai, che vedeva bene una voce critica nella nostra chiesa. In seguito fece qualche critica a noi, ma fummo sempre in relazione costruttiva. Rappresentavamo, modestamente, quelli che sono poi stati detti ”cristiani adulti”, davanti ai referendum su divorzio, aborto, e la fine della prima Repubblica. Ci opponevamo ai timori, anche papali, che frenavano, nella chiesa (non in Pellegrino), la spinta conciliare. Sulla declericalizzazione uscimmo anche con un piccolo titolo: “Preti, una specie in estinzione”. Abbiamo sempre, in molti articoli e libri, fino ad oggi, letto e riletto la Bibbia, i vangeli, con gli strumenti di ascolto e comprensione che la storia e la cultura davano alla fede. Sempre in contatto con i protestanti torinesi e la loro cultura, anche in personali amicizie, dal tempo di Paolo Ricca pastore a Torino, e nell’impegno ecumenico.
Cominciando, nel 1971, avevamo alle spalle non solo il Concilio, ma il Sessantotto, che si ripercuoteva anche nel mondo cattolico. Mi pare di potere correttamente riassumere: eravamo stati alcuni direttamente partecipi di quella stagione, e tutti in genere positivi. Abbiamo distinto la carica antiautoritaria dalle degenerazioni successive, fino alle azioni armate, che abbiamo condannato come l’opposto crudele e negativo dell’impegno critico-costruttivo.
Eravamo di sinistra, ma senza alcun legame di partito, anche se auspicammo l’elezione a sindaco di Diego Novelli, stimato amico, nel 1975: “Pro Diego sindaco”. Pensiamo che la cultura, la ricerca e il dibattito serio siano un servizio politico indispensabile, spesso mancante. Giustizia sociale interna e mondiale, pace positiva, capacità di soluzione nonviolenta dei conflitti, liberazione dei non liberi, ecologia, sobrietà, non autoritarismo ma dialogo franco e corretto, sono i nostri criteri in politica.
Siamo sempre stati contro la violenza, quella del terrorismo anti-stato, che sacrificava vite umane, come i peggiori stati; quella della “economia che uccide” (papa Francesco nel 2013, Evangelii Gaudium, n. 53); e quella dello stato armato e bellico, anche il nostro, implicato in alleanze militari e azioni di guerra, contro la luminosa Costituzione. Abbiamo cercato di render conto del pensiero e delle esperienze della nonviolenza attiva, il maggior contributo del Novecento perché l’umanità sopravviva alla distruzione atomica, senza soffocare i conflitti vitali. Non so con quanta chiarezza e valore, ma con sincerità impegnata, questo sì. La preziosa cultura della pace, i centri studi e le scuole ad essa dedicati, e i maestri, erano nella nostra attenzione continua.
Non abbiamo mai avuto, né cercata, risonanza. Cercando di relativizzare ogni steccato, abbiamo amici nella cultura laica, che intendiamo razionale, costruttiva, critica, non antireligiosa. Norberto Bobbio ci leggeva con attenzione, era abbonato generoso. E così Goffredo Fofi.
Forse abbiamo sentito troppo poco la rivoluzione femminile. Lidia Menapace, pure cara amica, me lo rimproverò in pubblico, a Bolzano. Altri limiti e ritardi sicuramente sono stati nostri.

Enrico Peyretti, co-fondatore del foglio insieme ad Aldo Bodrato

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy