Ai funerali di Giorgio Napolitano non c’era il sindaco di Torino. Siccome in questi casi si va per inviti, deduco che non è stato invitato. C’erano invece i primi cittadini di Roma, Napoli, città natale dell’ex presidente, Firenze centro mondiale della cultura e seconda capitale d’Italia, Milano capitale del Nord e dell’economia. Torino, città di respiro europeo, che sicuramente incontrava l’europeismo convinto di Napolitano e prima capitale, no, non c’era. Un segno di evidente marginalità. Un altro segnale, in tal senso, è la politica culturale, modestissima. In autunno si inaugurano molte mostre, dopo un’estate avara, il che non è il massimo per un centro che vuol darsi le arie di città turistica. Una decina di appuntamenti, assai modesti, se si esclude Francesco Hayez alla GAM, che però viene dopo la ben diversa esposizione a Milano del 2015. Al massimo può attirare un turismo di prossimità. Siamo ben lontani dalle grandi mostre di Renoir e Monet promosse dalla Giunta Fassino, in collaborazione con il Musée d’Orsay di Parigi. E’ vero che ormai i costi di assicurazione e trasporto delle opere d’arte hanno raggiunto livelli proibitivi, per cui si fa fuoco con la legna che c’è e che è poca. Dosando i quadri e aumentando la presenza di studi, bozzetti, disegni et similia. La durata viene dilatata a sei mesi, contro i quattro abituali, quando non ad un intero anno, come è accaduto alla recente mostra sull’“800” alla stessa GAM.
Un quadro sconfortante a cui aggiungere l’inquinamento dell’aria (67 auto ogni 100 abitanti contro 45 a Milano e a Genova, la lentezza dei mezzi pubblici, una metropolitana (25 anni per costruirla) che serve a poco fin che si limita ad una sola linea, e un livello di pulizia delle strade non certo eccellente.
Non basta a confortarci il pur lusinghiero giudizio dell’autorevole «Guardian (giugno 2023), che definisce Torino, città “imperdibile”. Mah! Scherzando qualche tempo fa sostenni che a Torino sarebbero rimaste solo due eccellenze. Il Politecnico e la Juventus. Quest’ultima si è autoaffondata per l’insipienza e la scorrettezza dei dirigenti. Aveva ragione Alois Schumpeter, grande economista austriaco: la prima generazione fonda le imprese, la seconda le porta avanti mediocremente, la terza le distrugge. Il “Poli” ha perso molte posizioni, soprattutto rispetto a Milano a cui teneva testa ancora non molto tempo fa. Dimenticavo Il Museo Egizio, terza eccellenza, ma a demolirlo ci penserà la Lega che, in Regione, già per la seconda volta chiede le dimissioni dell’ottimo direttore Christian Greco.